lunes, 10 de septiembre de 2018

Algunos Poemas de mi autoría del libro "Cada vez que cobija el fuego" traducidos al italiano por el artista italiano Roberto Albini


OGNI VOLTA
CHE TI AMMANTA IL FUOCO

Sofía Rodríguez García



LA PAZZA


Mi hanno chiamato la pazza
la pazza con una lucciola sulla lingua.


Mi tirano pioggia su tetti trasparenti
pietre dai supplizi colorati


Mi lavano il muso con le scimitarre
mi lanciano stracci, merda
le mie gambe si ritraggono
le voci mi soffocano i polmoni


La pazza con una lucciola sulla lingua
ha qualcosa da raccontarvi:
Si sono dichiarati rimedi ai calli
trincee delle unghie tagliate a metà.


I pugni nella trachea
sono gli amanti della mia morfina
ma neppure i gomiti dell’odio
vacillano nella mia gola
si trovano lontano
con le loro decine di maschere
che si ossidano nel veleno del giorno.



MADAME SOFIA

Matrona che cavalca gli incontri
Con i fuochi che scoprono le mani
e i molteplici carichi di nudi

Sono suoi i labirinti
I colori che si offrono
e i baci attraversati l’aspettano stanchi
negli orfani nudi
Negli insulti
Che perpetrano la fama
I demoni di un bicchiere di vino
E i derelitti dalla pelle graffiata

Si diverte la nostra Madame Sofia
con i balli per orecchie frettolose:
la vita è una fila di muri
dove tutti si arrampicano o si lamentano
l’anima giace nel fegato
dove i buoni commensali
faranno il miracolo del forno.




PEZZI DI LENTI

Il tetto di calze
scolpisce la pelle della paura
Le tavolette del corpo
Sembrano come paragrafi di un umile suono
catapulta di pastiglie
Sfinge del gigante nudo

Seduta sul ciglio della cecità
Una blindatura di domande
Cronometra imprescindibili promozioni
a calzature per gli occhi

Per fortuna – i luoghi delle borse - ,
nascondono vetro per la mia audizione,
Non discutono le visioni,
né si gettano nelle vene
a saturare la resina delle mani consumate
e il gentile diluvio del viso

Non ci sono risposte automatiche
nelle disgrazie delle gengive,
le pupille faticano tra i rami sanguinanti
adirate e in ritardo sul raccolto .



LA FURIA DEI POETI

Il poeta anela lontano
la distanza affogata.
Non la vuole nel suo cammino
buffona delle sue scarpe
Destino condito col sale.
Nella sua capanna
getta zampe di gambero con suo nome
e ripete dolcemente:
succhia sangue,
insidiosa donna che dipingi con le tue parole
il balcone del rimpianti
sirenuta, magari un sapore esotico
ti aromatizzo con girasoli
ti porto lontano,
gioia maledetta degli occhi
Con lacrime di vene
la sua furia poetica lavora
abbraccia i suoi fluidi caduti
afferrandoli con guanti
Il poeta lo scrive assonnato
Ubriaco di gridi,
in una piena di fiumi nella gola,
con il suo ombrello di aghi tristi
Seduto sulla sedia coperta di occhi
Lei non resterà di spalle,
nemmeno per il suo sangue sedotto
suicida



SUPPLICA

Raccontami la mattina all’ombra delle maioliche
trasportami fino alle corde del violino dipinto
Libera tre frasi rosse con il calore di casa
Consenti al candelabro piangente di affogare nella tua pelle.

Non mi parlare con consigli,
il sudore mi copre i sospiri del corpo
Le mie zampe scansano i tuoi tentacoli
E il tuo volo si compie con motori ad aghi.

Cosa importa se il suo inganno mi agghinda?
Portano brezze che mi portano fino a te.
E se la menzogna ti illumina?
Il vento scuro non è il tuo lamento
Né un segreto nel delirio.

Può essere che qui – nel mio mare dalle molteplici onde sciocche –,
trasgredisci il poco senso che corre lontano con un paracadute di sarcasmo
È che un gelido abbraccio ti salvi lo sguardo.



ABBRACCIO

Si abbracciano in un solco di linee incrociate,
con il loro zaino di proiettili accarezzano il petto ferito.
Si lapidano, leccano e scompaiano come se la notte
possa sanare la cenere che abita tra i petali delle rose.

Al ritorno gli capita di mutare in un disaccordo,
vacillando osservano i palazzi che triturano le loro teste
annusano il collo che sa di lenzuola, lo specchio e i graffi,
si odono scontri lontani con sintomi nelle dita.

Tornano spighe di alito ad esistere sotto di loro,
la pioggia di occhi – intrusa tra le guance – è pelle di strada
Si lacerano i rivestimenti, accarezzano di sì la vita del ricordo,
i sogni non li vestono più, larve dell’alba,
la scomparsa delle piaghe inizia dalle vene.



LA LORO NOTTE

Imbrunisce, mi addentro nei sogni
con loro ci faccio un coltello molle e aggressivo
mi misuro con i deliri intensi delle ciglia.

Mi vesto – tutta la notte – con tagli nelle braccia
li aspetto con il collo adornato di zanne,
spinte e rinnovate curve degli anni.

Li respiro, i miei sogni,
decidono di guardarmi con civetteria da bambini
un gioco di parole e toccatine con le dita.

Andiamo, saltella la mia carogna,
tutto si estende come le calendule di lacrime
portano un tubo di scappamento di terra fino al tronco
con abbondante sperma di dolore.

Andiamo, non importa se si perde un pezzetto
i fumi del cammino che si diradano
si raccolgono e si fanno piccoli nel prossimo sogno.

Portatemi via velocemente
Voglio lavare i miei tagli superficiali,
le sfingi delle mie acque
un amore che aspetta il dolore
oro e frastuono delle vene
la carne che accudisce
un grido perso
la pelle di serpente
la paura che muore.

Ti vigilo da lì, mettiti grandi cuffie
Un capello forzato e un tempo di ritratti.
Ti guardo dalla riva
Tracima il mare con gli occhi dell’amore assente.



CHIAMATA

Si congedano trasparenti
Con crema per le mani per fare a pezzi il corpo
(Per questo tipo di pulizia non basta lo straccio)

Ognuno si veste con coperte nuove:
parrebbe che il tempo qualche volta
si riprenda le carezze e il cuoio che acceca.

Lui, abituato a scampare
Vibra il testo con le grida delle perdite.
Lei, strappa le pareti che senza finestre la osservano.

Si abbandonano a camminare su corde invisibili,
lacci che la terra giustamente sputa.

Lei arma fiumi e cascate di palpebre.
Lui, escapista delle guance, se le beve:
matita etilica che transenna i suoi rimpianti.

Non sono buoni per i nodi quelli
Che bevono detergenti e lavano le loro tende di pelle.



SOLE DEL PETTO

Sole del petto, sradicamento degli occhi
Le tue fonti scavarono un ventaglio di dei
che pernottavano sotto il sangue rissoso.

Passarono presto la soglia delle cicatrici
- un lungo corteo di petali ci caucciù -,
bruciarono i miei resti
vinsero lo sforzo
con promesse offensive.

Convincerono i richiami della dimenticanza
- con una sola mano le pieghe dei miei occhi -
Scacciarono gli scarabei dalla mia vista
Lavarono adulazioni a tre mani.

Partirono con risate impertinenti
il lavoro estenuante dell’atteggiamento sarcastico
Le lettere di piume perdute dal tempo
Il fuoco apprendista della tregua.

Sole del petto, vieni a dormire la vita con me
Una borbosità olistica della danza
Un ricordo di ostacoli che maledici
La risata attraversata
La sabbia che tagliano i pesci
Balli insanguinati che arano i loro giri
Passi dolorosi a cui mancano le staffe.



POEMA BREVE I

I deliri nelle grotte sono il martirio dei poeti:
Amanti dei baci degli sciami
E musica che corre nei corridoi delle braccia.



FUGA

La tua rotaia di pianto
Raccoglie rabbie estranee
Erige scorpioni di funghi
Che con riti etilici cacciano i bagni.

Risate di vermi
Liberano la tua dormita
Insieme alla mia
In una tendenza di palestre,
angolo di fischi
spaccano facce migratorie

Già te ne vai?
Dalla giostra delle montagne russe
E dal nocciolo nascente?
Nel sole che cammina stropicciato
Con la faccia gonfia?
Vergogna!
Raccogli i miei resti
In un sacco di vetro
Con guanti spessi
Vado a strofinarmi col tuo fango
Gli stivali pieni di bitume
Come regioni di cerchietti per capelli
tra  fragili pettinature di bambine.



SIGILLATO

In un addio di cerniere
Si fondono emancipazioni
Che si congregano

In tua discolpa:
uno scomunicato
un trattino
una disattenzione
l’amore per un abbraccio
nel dolore della tua frusta
gli insipidi ritardi che si lamentano

Aspetta al margine
Sfida di tacchi
Un gioco mai iniziato
Con vincitori alle spalle

Sollevami ora che ululo
Piango, promulgo e seppellisco
Labirinti
di pelle strappata

Abitante dei costumi
Laguna di corride
Che ancora turbano

Con tenera ingratitudine
ti accolgo
asilo di molti
ti aspetto nel liquore
di notte

Passami un poco di cianuro
Un sorriso che redime
E un coltello che non taglia

Chiamami alla vigilia
Non perderò la ragione in un soffio,
elevami terra interiore
che non fugga la salute mentale
piaga che stringe

I semi di vino
Germogliano in una banbola,
virano i loro colori
di muse
tribù che sparisce



CONFESSIONE

Dormire in suo nome
Come scapulare vinto
È un amore di altri
Alzatosi con un bacio

Occhi accuminati
Come smeraldi perduti
Vivono nel mio pianto
Che beve in un succo
I suoi vertici di calcio.

Amore a pezzi dal pensiero accordato
Mi passano ora i sospiri nella gola
Non comprendo come l’acqua è un tetto
che annaffia gli innamorati
E scarpe di sterpaglie.

Il fuoco si diverte per la strada
Con la sua porta a quadri
Nell’attesa di una grotta accogliente
Non terminerai mai le tue frasi né io le mie
Non saranno nostri abiti il sospiro di una tirata
Si è perso nel mio cavo
Dove il cuore respira distante.



IERI

Ricordai
Che perfino una birra condivisa
Mi spreme con occhi stupiti
La fonte

Il brandy rimuove i miei piedi
Come saliva solida di questo vino
Lumaca bianca
Piena di sangue gelato
Che usa come pelle

Giocano le tue lacrime rosse
Sopra la mia camicia attillata,
i miei pantaloni brillanti
e sul mio fazzoletto

Vino…
Hai fatto una pappa con i miei denti,
uno spesso vinile nelle pareti,
spaventati in pezzi di carta

sanguinanti..
mi prudono le zanzare per predizione

Ricordai che aspettavo
Esattamente,
bugie nel cammino,
ricordai che non dovevo menzionare il mio disprezzo

Ricordai alla fine
In uno schiaffo che sveglia
Que non era il suo destarsi la penombra maggiore
Né il suo sacrificio

Ricordai in mariaci nascosti
Tutto quello che calpestai tanti volte.

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